Correre per la Città
Notte di lavoro, al mattino recupero, mi sveglio, mangio e lavoro, faccio sta vita da non sò quanto tempo, qualcuno potrebbe pensare che sia sull'orlo di una crisi di nervi, invece, sono talmente soddisfatto dei miei risultati, che sono pieno di me, non ho fatto grandi opere, ma nel mio piccolo sono felice, anche se un poco stordito.
Parto in missione, devo andare a ritirare una fattura e comprare le corde della chitarra, ma di quelle buone.
Decido che ci voglio mettere il minor tempo possibile ad andare e tornare, secondo i miei calcoli, in un' ora e mezza, posso farcela.
Esco, cammino veloce, i pantaloni cascano, ma non posso tornare in casa a prendere la cintura, corro, sono in anticipo il treno deve ancora arrivare.
Mi sento leggero, di solito viaggio con in mano svariati kg di portatile, e al collo la macchina fotografica, e a volte anche un obiettivo, ma sta volta sono mi sento più leggero dell'aria, stupenda senzazione.
In centro cammino, conto i passi, per capire finalmente quale percorso è il più breve, per conpiere una certa distanza in linea d'aria, ma a svariate centinaia di passi perdo il conto.
Uscito dal metrò la gente è stanca, pare quasi trascinarsi, io invece salgo le scale correndo, mi sento pieno di energia, continuo a correre, voglio prendere il treno delle sei per tornare indietro.
In negozio cerco di fare in fretta, ma all'ultimo mi mostrano un catalogo di mixer professionali, discuto un poco, mancano oramai più 10 minuti alle diciotto, il treno pare perso.
Esco di corsa, parte la sfida, resa ancora più difficile dai pantaloni che fanno di tutto per lasciarsi andare alla forza di gravità.
Mi lancio per i vicoli, la gente è un ostacolo tremendo, fa rallentare, faccio la ginkana tra i bipedi come fossero birilli, mi butto verso lato mare, impossibile proseguire di quà.
Il sole sta tramontando, il cielo è velato di nuvole bianche sottili su sfondo rossastro sopra alle navi nel porto, per strada c'è traffico, i rientri dal lavoro creano ingorghi un pò ovunque, ma a me non interessa sono a piedi, e nessuno potrà fermarmi, ho il mezzo di trasporto più veloce ed economico del momento, le mie gambe.
Corro, non sento stanchezza, dopo ore e ore di costrizione a stare seduto, correre è la cosa più bella che ci possa essere, alterno marciapiedi ad asfalto, il caldo comincia a farsi sentire.
Corro, corro sempre, attraverso tantissime nazioni, ogni tanto varco un confine.
Eccomi ora in Equador, ora in Cina, ora in Senegal, ora In Marocco, tante voci per pochi attimi, arrivo al mercatino cinese, salto in mezzo alla strada, l'ape che sopraggiunge ha capito chi sono, si scosta, corro sempre, ma non mi manca mai il fiato, e non capisco come sia possibile.
Corro, corro sempre, sono oramai le sei, nella piazza della commenda, il raduno serale del Marocco è oramai al completo, ora sono davvero in terra straniera, sono l'unico turista che osa avventurarsi a quest'ora per questi lidi, solamente un negoziante fa capolino alla latteria, proseguo e corro sempre più forte, colto da un poco di xenofobia, ho paura che da un momento all'altro qualcuno mi si pari davanti.
Sono gli ultimi metri, attraverso la strada piena di macchina in movimento, tanto sono alto e nessuno può investirmi con la scusa di non avermi visto, prendo i grissini omaggio al volo che distribuiscono all'entrata della stazione, ma il treno è partito da poco.
Ho Fallito !
Attendo ancora per un prossimo treno, salgo, accaldato con mezzo litro di minerale che sto bevendo avidamente fino all'ultima goccia, tante facce nuove che non ho mai visto, in nessuna carrozza trovo conoscenti, ho smesso di vivere la vita nel mondo da così tanto tempo che non conosco più nessuno ?
Rimango in piedi, non amo sedermi accanto agli sconosciuti, sto bene, correndo mi sentivo invincibile, irraggiungibile, guardo fuori dal finestrino, anche fuori non mi sembra lo stesso paesaggio di sempre, forse è ora che io scenda....e che cambi qualcosa.
Avevo semplicemente sbagliato treno.
Parto in missione, devo andare a ritirare una fattura e comprare le corde della chitarra, ma di quelle buone.
Decido che ci voglio mettere il minor tempo possibile ad andare e tornare, secondo i miei calcoli, in un' ora e mezza, posso farcela.
Esco, cammino veloce, i pantaloni cascano, ma non posso tornare in casa a prendere la cintura, corro, sono in anticipo il treno deve ancora arrivare.
Mi sento leggero, di solito viaggio con in mano svariati kg di portatile, e al collo la macchina fotografica, e a volte anche un obiettivo, ma sta volta sono mi sento più leggero dell'aria, stupenda senzazione.
In centro cammino, conto i passi, per capire finalmente quale percorso è il più breve, per conpiere una certa distanza in linea d'aria, ma a svariate centinaia di passi perdo il conto.
Uscito dal metrò la gente è stanca, pare quasi trascinarsi, io invece salgo le scale correndo, mi sento pieno di energia, continuo a correre, voglio prendere il treno delle sei per tornare indietro.
In negozio cerco di fare in fretta, ma all'ultimo mi mostrano un catalogo di mixer professionali, discuto un poco, mancano oramai più 10 minuti alle diciotto, il treno pare perso.
Esco di corsa, parte la sfida, resa ancora più difficile dai pantaloni che fanno di tutto per lasciarsi andare alla forza di gravità.
Mi lancio per i vicoli, la gente è un ostacolo tremendo, fa rallentare, faccio la ginkana tra i bipedi come fossero birilli, mi butto verso lato mare, impossibile proseguire di quà.
Il sole sta tramontando, il cielo è velato di nuvole bianche sottili su sfondo rossastro sopra alle navi nel porto, per strada c'è traffico, i rientri dal lavoro creano ingorghi un pò ovunque, ma a me non interessa sono a piedi, e nessuno potrà fermarmi, ho il mezzo di trasporto più veloce ed economico del momento, le mie gambe.
Corro, non sento stanchezza, dopo ore e ore di costrizione a stare seduto, correre è la cosa più bella che ci possa essere, alterno marciapiedi ad asfalto, il caldo comincia a farsi sentire.
Corro, corro sempre, attraverso tantissime nazioni, ogni tanto varco un confine.
Eccomi ora in Equador, ora in Cina, ora in Senegal, ora In Marocco, tante voci per pochi attimi, arrivo al mercatino cinese, salto in mezzo alla strada, l'ape che sopraggiunge ha capito chi sono, si scosta, corro sempre, ma non mi manca mai il fiato, e non capisco come sia possibile.
Corro, corro sempre, sono oramai le sei, nella piazza della commenda, il raduno serale del Marocco è oramai al completo, ora sono davvero in terra straniera, sono l'unico turista che osa avventurarsi a quest'ora per questi lidi, solamente un negoziante fa capolino alla latteria, proseguo e corro sempre più forte, colto da un poco di xenofobia, ho paura che da un momento all'altro qualcuno mi si pari davanti.
Sono gli ultimi metri, attraverso la strada piena di macchina in movimento, tanto sono alto e nessuno può investirmi con la scusa di non avermi visto, prendo i grissini omaggio al volo che distribuiscono all'entrata della stazione, ma il treno è partito da poco.
Ho Fallito !
Attendo ancora per un prossimo treno, salgo, accaldato con mezzo litro di minerale che sto bevendo avidamente fino all'ultima goccia, tante facce nuove che non ho mai visto, in nessuna carrozza trovo conoscenti, ho smesso di vivere la vita nel mondo da così tanto tempo che non conosco più nessuno ?
Rimango in piedi, non amo sedermi accanto agli sconosciuti, sto bene, correndo mi sentivo invincibile, irraggiungibile, guardo fuori dal finestrino, anche fuori non mi sembra lo stesso paesaggio di sempre, forse è ora che io scenda....e che cambi qualcosa.
Avevo semplicemente sbagliato treno.
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