Un Venerdì ventoso...
Sto andando di corsa, mi stanno aspettando, sono sempre in ritardo , come al solito.
Salgo le scale mobili, una signora sconosciuta mi fa notare che il mio portafoglio alloggiato nella tasca posteriore dei jeans è a rischio di furto, io gli rispondo dicendo che sto sempre in guardia, ma non mi vuole credere.
La pizzeria è chiusa, e ci ritroviamo a non saper dove andare...il nostro obiettivo era quello di fare un pranzo natalizio in anticipo tra compagni di corso, ma il destino in questo venerdì ventoso ci è avverso.
Le pizze le prendiamo da asporto, e le consumiamo avidamente in una aula vuota, come lo è del resto tutta la facoltà, in cui non c'è quasi anima viva.
Il più bel pranzo natalizio che ricordi, distante da casa, assieme alle persone con cui amo stare.
Tutti vanno via, e mi ritrovo a vagare per le strade ventose, l'aria fredda nel collo mi stordisce come al solito, e dopo un po' comincio a vacillare, sono molto stanco per l'aver dormito poche ore ma non ho voglia di andare a casa.
Cammino per il porto antico, le fronde delle palme ondeggiano, e nono stante il tiepido sole, non c'è modo di scaldarsi.
Costeggio il mare, tante piccole ondine rendono increspata la superficie dell'acqua battuta dal vento, alcuni uccellini svolazzano tra una vecchia barca e una pianta secca cresciuta lungo il muro del molo.
Mi fermo a guardare i gabbiani posati sull'acqua, e mi apposto con la mia reflex digitale nella speranza di poter catturare l'attimo di un volo, Impresa alquanto ardua senza il teleobiettivo.
Sto per prendere il treno, ma non ho voglia di tornare a casa, mi prendo una fanta e vado di corsa verso la farmacia.
Sulla destra della farmacia c'è un portone che quasi nessuno conosce, entro di corsa, sono in 5 tutti seduti, supero le porte che poco dopo si chiudono dietro di me.
Dall'alto una voce dialettale, avvisa dall'altoparlante:"Oua se parte".
Io sono in piedi, e lo strattone iniziale rischia di farmi cadere, così mi tengo.
Il gabbiotto è piccolino, portata massima 25 persone mi pare di aver letto, ma secondo me son anche troppe per quell'angusto spazio, le pareti da una certa altezza in poi sono vetri trasparenti, sono in piedi, guardo avanti e mi godo il viaggio.
Ci addentriamo nelle viscere del monte, il gabbiotto su rotaia, percorre il lungo corridoio illuminato, trainato da un cavo d'acciaio che scorre in mezzo ai binari, dopo poco arriviamo alla fine della tratta ferrata e tutto si arresta.
Si affianca a noi il gabbiotto clone del ritorno, con una sola persona dentro, sotto alcuni meccanismi sofisticati sganciano lui e agganciano noi.
Stiamo salendo per il camino che buca dall'altro in basso la montagna, guardo fuori, questa volta è tutto più buio, avvicino la mia faccia al vetro che si riflette come uno spettro quanche centimentro avanti ai miei occhi, i neon orientati verticalmente si riflettono sulle mie pupille e si defornano curvandosi, nel silenzio della ascesa.
Esco di lì e sono davanti al castello, non l'ho mai visitato, ma mi ci volevano portare alcune settimane fa, sto andando a trovare un vecchio amico, è Natale, non mi dimentico di incontrare chi non vedo da tanto tempo.
Sono stanco, dopo cena il divano diventa il mio giaciglio e mi addormento vestito per poi risvegliarmi al buio nel cuore della notte.
Salgo le scale mobili, una signora sconosciuta mi fa notare che il mio portafoglio alloggiato nella tasca posteriore dei jeans è a rischio di furto, io gli rispondo dicendo che sto sempre in guardia, ma non mi vuole credere.
La pizzeria è chiusa, e ci ritroviamo a non saper dove andare...il nostro obiettivo era quello di fare un pranzo natalizio in anticipo tra compagni di corso, ma il destino in questo venerdì ventoso ci è avverso.
Le pizze le prendiamo da asporto, e le consumiamo avidamente in una aula vuota, come lo è del resto tutta la facoltà, in cui non c'è quasi anima viva.
Il più bel pranzo natalizio che ricordi, distante da casa, assieme alle persone con cui amo stare.
Tutti vanno via, e mi ritrovo a vagare per le strade ventose, l'aria fredda nel collo mi stordisce come al solito, e dopo un po' comincio a vacillare, sono molto stanco per l'aver dormito poche ore ma non ho voglia di andare a casa.
Cammino per il porto antico, le fronde delle palme ondeggiano, e nono stante il tiepido sole, non c'è modo di scaldarsi.
Costeggio il mare, tante piccole ondine rendono increspata la superficie dell'acqua battuta dal vento, alcuni uccellini svolazzano tra una vecchia barca e una pianta secca cresciuta lungo il muro del molo.
Mi fermo a guardare i gabbiani posati sull'acqua, e mi apposto con la mia reflex digitale nella speranza di poter catturare l'attimo di un volo, Impresa alquanto ardua senza il teleobiettivo.
Sto per prendere il treno, ma non ho voglia di tornare a casa, mi prendo una fanta e vado di corsa verso la farmacia.
Sulla destra della farmacia c'è un portone che quasi nessuno conosce, entro di corsa, sono in 5 tutti seduti, supero le porte che poco dopo si chiudono dietro di me.
Dall'alto una voce dialettale, avvisa dall'altoparlante:"Oua se parte".
Io sono in piedi, e lo strattone iniziale rischia di farmi cadere, così mi tengo.
Il gabbiotto è piccolino, portata massima 25 persone mi pare di aver letto, ma secondo me son anche troppe per quell'angusto spazio, le pareti da una certa altezza in poi sono vetri trasparenti, sono in piedi, guardo avanti e mi godo il viaggio.
Ci addentriamo nelle viscere del monte, il gabbiotto su rotaia, percorre il lungo corridoio illuminato, trainato da un cavo d'acciaio che scorre in mezzo ai binari, dopo poco arriviamo alla fine della tratta ferrata e tutto si arresta.
Si affianca a noi il gabbiotto clone del ritorno, con una sola persona dentro, sotto alcuni meccanismi sofisticati sganciano lui e agganciano noi.
Stiamo salendo per il camino che buca dall'altro in basso la montagna, guardo fuori, questa volta è tutto più buio, avvicino la mia faccia al vetro che si riflette come uno spettro quanche centimentro avanti ai miei occhi, i neon orientati verticalmente si riflettono sulle mie pupille e si defornano curvandosi, nel silenzio della ascesa.
Esco di lì e sono davanti al castello, non l'ho mai visitato, ma mi ci volevano portare alcune settimane fa, sto andando a trovare un vecchio amico, è Natale, non mi dimentico di incontrare chi non vedo da tanto tempo.
Sono stanco, dopo cena il divano diventa il mio giaciglio e mi addormento vestito per poi risvegliarmi al buio nel cuore della notte.
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